Oggi ho bisogno di sfogarmi. La storia della mia amica Beatrice mi ha scosso nel profondo. Lei è una madre single che cresce suo figlio da sola, dopo che il marito se n’è andato prima che il bambino nascesse. Sei anni di sacrifici, tra asilo, notti insonni e visite mediche infinite. Suo figlio soffre di gravi allergie alimentari: latticini, cioccolato, noci e alcuni frutti gli provocano eruzioni cutanee, prurito, a volte persino gonfiori e debolezza.
Beatrice controlla ogni cosa che il bambino mangia, ma c’è un problema: sua suocera, una donna convinta di saperne più dei medici. «Ai miei tempi i bambini mangiavano di tutto e crescevano sani!» ripete sempre, ignorando ogni avvertimento.
Ieri Beatrice ha dovuto farsi togliere un dente e, senza alternative, ha lasciato il bambino con la nonna. Le ha preparato un pasto sicuro e una lista precisa: «Niente cioccolato, biscotti o succhi industriali». La suocera ha annuito con un sorriso, come al solito.
Quando Beatrice è tornata, ha capito subito che qualcosa non andava. Il viso del bambino era coperto di macchie rosse, si grattava ed era apatico. «La nonna mi ha dato una torta, caramelle e tè con la marmellata», ha confessato. «Ha detto che esageri e che un po’ di dolce non fa male.»
Beatrice, in preda alla rabbia, ha affrontato la suocera. La risposta l’ha lasciato senza parole: «Ma smettila con queste storie! L’allergia non esiste, sono tutte invenzioni moderne. Voi giovani vi preoccupate per nulla. Lui ha bisogno di mangiare normalmente, non delle tue paranoie!»
«Sa che avrebbe potuto causargli uno shock anafilattico?» ha urlato Beatrice, trattenendo le lacrime. «E se avesse smesso di respirare?»
«Non sarebbe successo nulla! Sei tu che lo rendi fragile con tutte queste paure!»
Quel giorno, Beatrice ha capito. Non avrebbe più affidato suo figlio a una persona che metteva il proprio orgoglio prima della sua salute. Ha ridotto i contatti al minimo, anche se la suocera continuava a credersi nel giusto.
Non posso che sostenerla. Non si tratta di capricci o differenze d’opinione, ma della vita di un bambino. Mi sconvolge l’egoismo di chi rifiuta di evolversi, aggrappandosi a vecchi detti come «ai miei tempi». Le allergie non sono un’invenzione, e la medicina ha fatto passi da gigante.
La domanda è: si può perdonare una cosa del genere? Dare un’altra possibilità a chi ignora volontariamente un pericolo? Io, al posto di Beatrice, non avrei esitato. E voi?