Non mi fido più della suocera: un errore imperdonabile

Ormai non mi fido più della suocera: un errore che non riesco a perdonare

La mia amica si chiama Bianca e cresce suo figlio da sola. Suo ex marito se n’è andato ancora prima che il bambino nascesse, e da allora lei ha dovuto fare tutto in solitudine—dall’asilo alle visite mediche, fino alle notti insonni. Suo figlio ha sei anni e soffre di una grave allergia alimentare. Esami, referti medici, costanti controlli dall’allergologo—tutto questo fa ormai parte della loro vita.

Bianca controlla scrupolosamente ciò che il bambino mangia. Ha allergie ai latticini, al cioccolato, alla frutta secca e ad alcuni tipi di frutta. La minima trasgressione dalla dieta gli provoca eruzioni cutanee, prurito, a volte gonfiore e spossatezza. Ma come molte giovani madri, ha una parente “complicata”: la suocera, che si crede più intelligente di tutti i medici e sostiene che “una volta i bambini mangiavano di tutto e non succedeva nulla”.

Una volta, Bianca ha avuto un’urgenza dal dentista. Le hanno fissato l’estrazione di un dente, con anestesia e convalescenza—non un’ora, ma almeno una mezza giornata. Nelle cliniche, ovviamente, non puoi portare i bambini, così Bianca, senza alternative, ha lasciato suo figlio dalla suocera. La donna, come al solito, l’ha rassicurata: “Non preoccuparti, so benissimo cosa può mangiare e cosa no”.

Bianca aveva persino preparato una lista di alimenti consentiti e lasciato una borsa con cibo adatto. Prima di andarsene, le ha ripetuto: “Per favore, niente cioccolato, biscotti o succhi comprati al supermercato”. La suocera annuiva, sorrideva e faceva finta di ascoltare.

Dopo qualche ora, Bianca è tornata e ha capito subito che qualcosa non andava. Il viso del bambino era pieno di macchie, le guance arrossate, e lui era apatico, grattandosi le braccia. Alle domande, il piccolo ha risposto con sincerità: “La nonna mi ha dato una tortina, delle caramelle e il tè con la marmellata. Ha detto che esageri e che un po’ di dolce non fa male”.

Bianca, furiosa, ha affrontato la suocera, chiedendole come avesse osato ignorare i severi consigli dei medici. La risposta l’ha lasciata senza parole:

“Ma smettila! Che allergia sarà mai? Tutte sciocchezze. Una volta queste cose non esistevano e si viveva bene. Ora va di moda imbottire i bambini di medicine. Si inventano un sacco di malattie. Un bambino ha bisogno di mangiare normalemente, non delle tue privazioni!”

“Si rende conto che avrebbe potuto causargli uno shock anafilattico?” Bianca tratteneva a stento le lacrime. “E se avesse avuto difficoltà a respirare? Se non fossi arrivata in tempo?”

“Non sarebbe successo nulla! Voi giovani avete sempre paura di tutto. Sarebbe cresciuto sano, senza tutte queste limitazioni. Sei tu che l’hai reso fragile, e ora vuoi convincere tutti della tua verità”.

Dopo quel discorso, a Bianca è caduto il velo dagli occhi. Ha capito che non poteva più fidarsi di quella donna. Da quel giorno ha ridotto al minimo i contatti con l’ex suocera, anche se sapeva che lei continuava a credersi nel giusto.

Io non giudico Bianca. Anzi, la sostengo. La sua decisione è stata presa con lucidità, dettata dall’amore per suo figlio, non dal rancore. Non si tratta di metodi educativi o litigi per dei giochi. Si tratta della salute, addirittura della vita del bambino.

Mi stupisce quanto certe persone si rifiutino di accettare i cambiamenti. Si aggrappano a vecchie abitudini, a frasi come “noi siamo cresciuti così e va tutto bene”, dimenticando che la medicina ha fatto passi da gigante e che le allergie alimentari non sono invenzioni, ma rischi reali.

Personalmente, mi ha scioccato l’irresponsabilità di quella donna. Come si fa a essere così sordi alle paure di una madre? Come si può mettere a rischio la salute di un nipote solo per dimostrare di aver ragione?

E voi, cosa ne pensate? In una situazione simile, si può perdonare? Vale la pena dare una seconda possibilità, oppure Bianca ha fatto bene a mettere un punto fermo? Voi affidereste vostro figlio a una persona che rifiuta le diagnosi dei medici?

Oggi ho capito che quando si tratta dei nostri figli, non esistono mezze misure. Meglio un “no” netto che un “sì” che mette a rischio la loro vita.

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