«L’ha chiamata una misera serva e l’ha lasciata per un’altra. Ma al suo ritorno lo attendeva una sorpresa»

*La chiamò una miserabile domestica e se ne andò con un’altra. Ma quando tornò, lo aspettava un incontro inaspettato.*

Caterina era cresciuta con la convinzione che le donne della sua famiglia fossero maledette alla solitudine e al dolore. Sua bisnonna era rimasta vedova per colpa della guerra, sua nonna aveva perso il marito in un incidente in fabbrica, e il padre di sua madre se n’era andato quando lei aveva solo tre anni, sparito senza una parola. E anche se Caterina sognava di avere un destino diverso, il presentimento la assillava: sapeva che anche lei avrebbe avuto la sua tragedia.

Incontrò il suo futuro marito, Riccardo, nella fabbrica dove lavoravano entrambi. Lui era in un altro reparto, ma la pausa pranzo era la stessa. Fu in quei pochi minuti in mensa che iniziarono a parlare. Tutto accadde in fretta: un corteggiamento breve, un matrimonio improvvisato e il trasferimento in un bilocale che era stato della nonna di Caterina, ormai scomparsa. In due, poi in tre quando nacque il primo figlio, Luca, se la cavavano bene. Poi arrivò anche Matteo. Poco dopo, Caterina perse la madre. E così, su di lei ricaddero i bambini, la casa, le faccende. Riccardo lavorava, lei badava alla famiglia. Non si lamentava. Non ancora.

Ma col tempo, qualcosa cambiò. Riccardo restava sempre più tardi al lavoro, poi passava la notte da “amici”, infine smise di nasconderlo: aveva una relazione con una giovane collega. Tornava a casa solo per cambiarsi. Caterina capiva tutto, ma taceva. Aveva paura di restare sola con i bambini, senza aiuto. Una volta, facendosi coraggio, gli disse:

— Pensa ai bambini. Sei loro padre…

Lui non rispose. Nessuna scusa, nessuna parola.

Lei continuava a stirare le sue camicie, a lavare i suoi vestiti, a cucinare. E lui le rispondeva:

— Non sei altro che una domestica. Non sai fare nient’altro.

Quella sera, fece la valigia.

— Non andare… — Caterina lo bloccò sulla porta, gli occhi pieni di lacrime. — Non lasciarci…

— Tu non sei nessuno. Una miserabile serva, — le sbatté in faccia. — Non mi sono sposato per questo.

I bambini sentirono tutto. Luca e Matteo, raggomitolati sul divano abbracciati, capivano che il papà se ne andava, ma non sapevano perché. Forse erano stati cattivi? O forse avrebbero dovuto ascoltare meglio la mamma?

Caterina ci mise tempo a riprendersi. Di notte piangeva, di giorno si occupava dei figli, del lavoro, della scuola, dell’asilo. Non aveva spazio per nuovi amori. Per lei esistevano solo i bambini.

Ma il destino aveva altri piani.

Un giorno, mentre faceva la spesa, lasciò cadere una confezione di tè. Un uomo alto, con uno sguardo gentile, la raccolse all’istante.

— Posso aiutarla a portare la spesa? — le chiese.

— Non serve, — rispose titubante.

— Invece sì, — insistette lui, prendendo le borse.

Parlarono per strada. Si chiamava Alessandro. Lo rivide nello stesso negozio due giorni dopo, poi ancora, finché lui iniziò a venire apposta per lei. Caterina si teneva a distanza, ma lui non mollava. Una volta la trovò davanti al palazzo mentre puliva le scale.

— Vuole che prenda anche io uno straccio? — scherzò.

Lei rise. Lui rimase, l’aiutò. E quella sera si presentò a casa sua con una torta e rose bianche. I bambini all’inizio erano diffidenti, ma Alessandro li conquistò subito. Luca annusava la pasticceria, Matteo gli faceva domande. Caterina li osservò e sentì una strana calma.

Poi Alessandro le confessò:

— Ho avuto un incidente. Mi muovo e parlo più lentamente. Mia moglie non l’ha sopportato e se n’è andata. Non sono stupido, solo diverso. E so che molti non mi vogliono. Ma voi… voi e i bambini siete come una famiglia. L’ho capito subito. Se sei d’accordo, parla con loro. Chiedi se sono pronti ad accettarmi.

Caterina ne parlò ai figli. Stettero zitti a lungo, poi Luca disse:

— Il nostro papà ci ha dimenticati. Sarebbe bello averne uno nuovo che non ci lasci.

Alessandro divenne parte della loro vita. All’inizio con qualche esitazione, poi come se ci fosse sempre stato. Giocava a pallacanestro con loro, li aiutava con i compiti, li accompagnava a scuola. In casa tornarono le risate, gli amici, la gioia. E Caterina ricominciò a sorridere.

Passarono gli anni. Luca cresciuto si innamorò. Una sera chiese consiglio ad Alessandro. E in quel momento, suonò il campanello.

Sulla soglia c’era Riccardo. Invecchiato, smarrito, le spalle curve.

— Io… voglio rimediare, — balbettò.

— Vattene, — disse fermo Luca. — Non ti vogliamo qui.

— Come ti permetti, moccioso?! — esplose Riccardo”Ma Alessandro mise una mano sulla spalla di Luca e, con un sorriso calmo ma fermo, disse: «Questa famiglia ha già un padre, e non sei tu».”

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«Nostra figlia si è arrabbiata perché siamo andati in vacanza: non meritiamo anche noi un po’ di serenità?»