Il figlio e sua moglie cacciarono il vecchio padre dalla sua stessa casa. L’anziano era già mezzo congelato quando una zampa gli sfiorò il viso…
Antonio si trovava su una panchina ghiacciata in un parco non lontano da Napoli, tremando per il freddo pungente. Il vento ululava come una bestia affamata, la neve scendeva come fitti batuffoli e la notte sembrava un abisso nero senza fine. Guardava nel vuoto davanti a sé, incapace di capire come fosse possibile che lui, un uomo che aveva costruito la sua casa con le proprie mani, si fosse ritrovato buttato fuori come un rifiuto.
Solo poche ore prima era ancora tra quelle mura che conosceva da tutta una vita. Ma suo figlio, Marco, lo aveva guardato con un’indifferenza gelida, come se fosse uno straniero e non suo padre.
«Papà, io e Lucia siamo stretti qui», aveva detto senza batter ciglio. «E poi non sei più giovane, sarebbe meglio per te un ospizio o una stanza in affitto. Hai la pensione, no…»
Lucia, sua nuora, si era limitata a annuire, تبدو come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Ma… è casa mia…», la voce di Antonio tremava, non per il freddo, ma per il dolore del tradimento che lo lacerava dentro.
«Hai firmato tutto a me, quindi», le spalle di Marco si erano alzate con una freddezza tale da togliergli il fiato. «I documenti sono firmati, papà.»
E in quel momento il vecchio aveva capito: non aveva più nulla.
Non aveva protestato. Orgoglio o disperazione—qualcosa lo aveva spinto a girarsi e andarsene, lasciandosi alle spalle tutto ciò che gli era caro.
Ora sedeva in quel buio, avvolto in un cappotto logoro, i pensieri confusi: com’era possibile che avesse fidato in quel figlio, cresciuto con sacrificio, dato tutto, solo per ritrovarsi di troppo? Il freddo gli penetrava nelle ossa, ma la sofferenza nell’anima era più forte.
Poi, sentì un tocco.
Una zampa pelosa e calda si posò sulla sua mano intirizzita.
Davanti a lui c’era un cane—grosso, lanoso, con occhi buoni, quasi umani. Lo fissò un attimo, poi gli sfiorò il palmo con il muso umido, come a dire: «Non sei solo.»
«Da dove vieni, amico?», sussurrò il vecchio, trattenendo le lacrime.
Il cane scodinzolò e gli tirò dolcemente il lembo del cappotto con i denti.
«E che vuoi?», si stupì Antonio, ma nella sua voce non c’era più quella desolazione di prima.
Il cane insistette, e il vecchio, con un sospiro pesante, decise di seguirlo. Sulla sua strada, cosa aveva ormai da perdere?
Percorsero alcune strade innevate, finché una porta di una piccola casa si aprì davanti a loro. Sulla soglia c’era una donna avvolta in una sciarpa pesante.
«Brontolo! Dove sei stato, monello?!», iniziò, ma, vedendo l’anziano tremante, si bloccò. «Santo cielo… Sta male?»
Antonio avrebbe voluto dirle che se la sarebbe cavata, ma dalla sua gola uscì solo un gemito roco.
«Ma lei sta morendo di freddo! Entri subito!», lo afferrò per un braccio e lo trascinò quasi con la forza dentro casa.
Quando riprese i sensi, Antonio si trovò in una stanza calda. Nell’aria c’era il profumo di caffè appena tolto dal fuoco e di qualcosa di dolce—forse dei biscotti alla cannella. Faticò a capire dove fosse, ma il calore si era già diffuso lungo il suo corpo, scacciando gelo e paura.
«Buongiorno», disse una voce gentile.
Si voltò. La donna che lo aveva salvato quella notte era sulla porta con un vassoio in mano.
«Mi chiamo Maria», sorrise. «E lei?»
«Antonio…»
«Be’, Antonio», il suo sorriso si fece più grande, «il mio Brontolo non porta a casa proprio tutti. Lei è stato fortunato.»
Lui sorrise a fatica.
«Non so come ringraziarla…»
«Mi racconti come sia finito per strada in questo freddo», gli chiese, posando il vassoio sul tavolo.
Antonio esitò. Ma negli occhi di Maria c’era un’empatia così sincera che, improvvisamente, gli uscì tutto: la casa, il figlio, il tradimento di chi aveva amato più di ogni cosa.
Quando finì, nella stanza scese un silenzio pesante.
«Rimanga con me», disse Maria all’improvviso.
Antonio la fissò, incredulo.
«Cosa?»
«Vivo qui da sola, io e Brontolo. Mi manca qualcuno con cui condividere le giornate, e a lei serve una casa.»
«Io… non so cosa dire…»
«Dica di sì», sorrise di nuovo, e Brontolo, come per approvare, gli sfregò il muso sulla mano.
In quel momento, Antonio capì: aveva trovato una nuova famiglia.
Passarono alcuni mesi, poi, con l’aiuto di Maria, portò il caso in tribunale. I documenti che Marco gli aveva fatto firmare furono dichiarati nulli. La casa tornò sua.
Ma Antonio non ci tornò.
«Quel posto non è più mio», sussurrò, guardando Maria. «Che se lo tengano.»
«Giusto!», annuì lei. «Perché la sua casa è qui, ora.»
Lui guardò Brontolo, la cucina accogliente, la donna che gli aveva restituito calore e speranza. La vita non era finita—stava solo ricominciando, e per la prima volta dopo anni, Antonio sentì che poteva ancora essere felice.