Abbiamo dato tutto a nostro figlio, ora lui ci considera miseri e falliti

Avevamo dato a nostro figlio tutto quello che potevamo, e ora per lui siamo dei poveracci falliti.

Io ho cinquant’anni, mio marito ne ha cinquantacinque. Abbiamo sempre vissuto modestamente, ma uniti, cercando di sostenerci a vicenda, di affrontare insieme le difficoltà. Abbiamo cresciuto nostro figlio, Gabriele. Di recente ha compiuto ventitré anni e ha annunciato di voler vivere da solo. L’abbiamo presa con serenità — era il momento giusto. Ma dietro quella decisione si nascondeva qualcosa di molto più amaro.

Gabriele ha subito chiarito che non aveva intenzione di affittare un appartamento. Secondo lui, noi genitori eravamo obbligati a comprargli una casa. E aveva persino un piano preciso: venderci la nostra accogliente casetta a Milano, piena di ricordi, e con i soldi ricavati comprare due monolocali — uno per noi e uno per lui.

All’inizio sono rimasta senza parole. Quella non era solo una casa — era il nostro nido, in cui avevamo versato sudore, ricordi, vita intera… Lì c’era tutto il nostro passato, i momenti belli e quelli difficili.

Mio marito si è rifiutato subito, senza esitazioni. Lui è di vecchio stampo, crede che un figlio adulto debba guadagnarsi da vivere da solo, risparmiare, costruirsi la sua indipendenza. E lo capisco. Non siamo milionari, ma abbiamo dato a Gabriele tutto il possibile: vestiti firmati, corsi extrascolastici, ripetizioni, gli abbiamo pagato gli studi, l’abbiamo sfamato, curato. Quando ha voluto rinnovare la sua stanza, gli abbiamo aiutato anche con quello.

Ma nostro figlio, a quanto pare, pensa che non basti. Si vergogna di vivere ancora con i genitori, crede che alla “sua età” sia da falliti. E per questo trova giusto che ci sacrifichiamo, vendendo la nostra casa per il suo comodo.

Quando suo padre gli ha detto di no, Gabriele ha fatto una scenata che mi ha gelato il sangue. Ha urlato che i genitori normali assicurano una casa ai figli, che siamo dei miserabili, che non siamo una vera famiglia, e che non aveva chiesto di nascere. «Potevate pensarci prima», ha sbottato in faccia a suo padre.

Da allora, non parliamo quasi più. Mio marito dice che si calmerà, che è una fase passeggera. Io non so… Di notte rimango sveglia, fisso il soffitto e mi chiedo: e se avesse ragione lui? Se, avendolo messo al mondo, avremmo dovuto garantirgli un vantaggio nella vita? E se non ci siamo riusciti, allora qual è il nostro merito?

Poi mi riprendo. Gli abbiamo dato tutto. Tutto. Senza riserve. E lui? Vive nella sua stanza, non contribuisce alle spese, non aiuta. Non dice nemmeno grazie. Zero responsabilità, zero gratitudine. Solo pretese: «Datemi».

Sì, non siamo ricchi. Ma abbiamo lavorato onestamente. Gli abbiamo dato amore, un tetto, cibo, cure, un’istruzione. Non l’abbiamo abbandonato, tradito, non abbiamo mai alzato le mani. E ora che è cresciuto, per lui siamo dei “poveracci”?

Forse sembra duro, ma credo che a ventitré anni un ragazzo possa benissimo affittarsi un posto dove vivere. È un adulto. Non ha tre anni. E se invece sceglie di manipolare i genitori, quella non è colpa nostra, ma sua.

Ditemi, siamo davvero dei genitori così terribili? O abbiamo il diritto di dire “no” quando ci chiedono di sacrificare tutto per le ambizioni di qualcun altro?..

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

Abbiamo dato tutto a nostro figlio, ora lui ci considera miseri e falliti
Padre lascia la famiglia a 60 anni, ma torna cambiato dopo sei mesi di libertà concessi dalla madre