Perché una nonna distingue tra i nipoti “suoi” e “estranei”?

Per lei, mio figlio è un estraneo. Perché la suocera divide i nipoti tra “suoi” e “altrui”?

Non so come iniziare questo sfogo. Viviamo insieme, legati dallo stesso sangue, eppure sembra che siamo su fronti opposti. Non siamo nemici, né estranei, ma neppure destinati a sentirci davvero famiglia.

Mi chiamo Giulia, ho 29 anni. Io e mio marito abbiamo un bambino meraviglioso, Matteo, di tre anni e mezzo. Vivace, dolce, curioso. Sa già le lettere, inizia a formare parole, disegna benissimo, non fa capricci e riordina i giochi da solo. Siamo orgogliosissimi di lui. Ma c’è un “ma”. Per sua nonna, mia suocera, è come se non esistesse.

Non so in cosa le ho mancato. Forse perché non sono sua figlia, ma “solo” la moglie di suo figlio? O perché viviamo da lei mentre sono in maternità, e non abbiamo ancora i soldi per un appartamento nostro?

Lei ha una figlia, Sofia, e per la suocera quella è la sua vera famiglia. Lì ogni cosa è speciale, ogni gesto del nipotino è un miracolo. Il figlio di Sofia è un genio, un tesoro, la luce dei suoi occhi. Mentre il mio Matteo, a quanto pare, non conta.

Ogni mattina, la suocera si prepara come per un impegno importante e corre da Sofia. Si occupa del nipotino, lo porta alle attività, in piscina, a imparare l’inglese. Là ci sono torte, minestre, frittelle, cartoni animati e giocattoli. Lì è la nonna perfetta. Con noi, invece, è una donna stanca e indifferente, che critica tutto: cucino male, pulisco male, non mi occupo abbastanza di Matteo.

Se preparo da mangiare, i contenitori con il sugo, la marmellata o le polpette spariscono. “È per Sofia, è sempre impegnata, non ha tempo per cucinare”. Io, invece, non faccio nulla, perché “tanto sto a casa”.

Quando faccio le conserve, storce il naso: “Quelle di Sofia erano più buone. Metti troppo aceto”. Ma le porta via lo stesso. Chi non gradisce, di solito non prende, no?

Ma il peggio è con i bambini. Non è un problema se non vuole bene a me, posso sopportarlo. Ma un conto è ignorare me, un altro è mio figlio. Quando Matteo e il cuginetto Lorenzo sono insieme, iniziano i paragoni. “Guarda, Lorenzo recita la poesia! E Matteo perché non dice nulla?”, anche se mio figlio ha appena cantato una canzone. “Lorenzo già mangia da solo!”, quando Matteo lo fa da mesi, con la forchetta, e con precisione. Sento sempre: “Ah, ma Sofia…”

A Natale, a Matteo ha regalato una macchinina di plastica, come quelle dei negozietti all’angolo. A Lorenzo, invece, un’auto telecomandata costosa. La scatola era tre volte più grande. Matteo non ha capito la differenza: era felice con la sua macchinina. Lorenzo invece l’ha lasciata sul divano ed è corso al tablet. È abituato ad avere sempre il meglio. Mio figlio gioisce di ciò che ha, perché non è viziato.

Ogni giorno cammino per questa casa in cui viviamo temporaneamente e mi mordo le labbra. Non voglio litigi. Non voglio creare problemi a mio marito: è una persona buona, ci ama e fa del suo meglio. Ma come spiegare a sua madre che il suo comportamento ferisce non solo me, ma anche nostro figlio?

Perché, ditemi, in alcune famiglie le nonne amano tutti i nipoti allo stesso modo, mentre in altre li dividono per sangue, per status, per appartenenza alla “propria” figlia? Matteo ha lo stesso cognome, lo stesso sangue. È suo nipote. Vero, autentico, proprio come Lorenzo. Perché allora è sempre “quello di meno”?

Ho provato a parlarle. Senza accuse. Ma la risposta è stata: “Non sono obbligata ad amare tutti allo stesso modo” oppure “Tu non sei mia figlia, ecco perché te la prendi”. È impossibile discutere. Come se dovessi vergognarmi di averle dato un nipote tramite suo figlio, e non dalla sua pancia.

La mia mamma vive lontano, in un’altra città. Quando le ho parlato di questa situazione, mi ha detto: “Succede così, tesoro. Le madri hanno un legame speciale con le figlie”. Ma questo non mi consola. Fa male. Non per me, ma per Matteo. Perché i bambini sentono tutto. E lui già chiede: “Perché la nonna va da Lorenzo e non gioca con me?”

Non voglio che nel cuore di mio figlio resti questo vuoto, questa idea di non essere abbastanza per essere amato. Non voglio che cresca credendo di valere meno, di non meritare affetto. Ogni giorno gli dico quanto è speciale. Lo abbraccio forte, gli accarezzo i capelli e gli sussurro: “Sei il nostro bambino d’oro”.

Ma vorrei che anche sua nonna lo dicesse. Solo una volta.

Voi cosa fareste? Restereste in silenzio per non peggiorare la situazione? O difendereste vostro figlio, anche a costo di scatenare una tempesta in casa? Ho bisogno di sostegno. Perché non sono fatta di ferro. E il dolore che nascondo diventa sempre più pesante.

**La lezione?** L’amore non ha gerarchie. Un bambino merita di essere amato per ciò che è, non per chi lo ha portato al mondo. E a volte, il coraggio di proteggere quel cuore innocente vale più di ogni pace apparente.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

Perché una nonna distingue tra i nipoti “suoi” e “estranei”?
Ho 47 anni, ma la gioia di vivere è ormai scomparsa…