Un padre anziano cacciato di casa trova un aiuto inaspettato mentre affronta il freddo.

Il figlio e la nuora avevano cacciato il vecchio padre dalla sua stessa casa. L’uomo stava ormai per congelare quando una zampa pelosa sfiorò il suo viso…

Antonio sedeva su una panchina ghiacciata in un parco fuori Milano, tremando per il freddo che gli attraversava le ossa. Il vento ululava come una bestia affamata, la neve cadeva a fiocchi densi, e la notte sembrava un abisso oscuro e senza fine. Fissava il vuoto davanti a sé, incapace di capire come fosse possibile che lui, un uomo che aveva costruito la sua casa con le proprie mani, fosse stato gettato via come un oggetto rotto.

Solo poche ore prima era ancora tra quelle mura che conosceva da una vita. Ma suo figlio, Luca, lo aveva guardato con un distacco glaciale, come se fosse un estraneo e non suo padre.

— Babbo, con Giulia siamo stretti qui — aveva detto senza battere ciglio. — E poi, non sei più giovane, sarebbe meglio una casa di riposo o una stanza in affitto. Hai la pensione, no?

Giulia, la nuora, annuiva in silenzio, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

— Ma… questa è casa mia… — la voce di Antonio tremava non per il freddo, ma per il dolore del tradimento che lo dilaniava.

— Hai firmato tutto a me, te lo ricordi? — Luca aveva scrollato le spalle con tale freddezza che ad Antonio era mancato il fiato. — I documenti sono firmati, babbo.

E in quel momento, il vecchio aveva capito: non gli restava più nulla.

Non aveva protestato. Orgoglio o disperazione, qualcosa lo aveva costretto a voltarsi e andarsene, lasciandosi alle spalle tutto ciò che amava.

Ora sedeva nell’oscurità, avvolto in un cappotto logoro, e i suoi pensieri si accavallavano: come aveva fatto a fidarsi di suo figlio, a crescerlo, a dargli tutto, solo per scoprirsi di troppo? Il gelo gli penetrava nelle ossa, ma il dolore nell’anima era più forte.

E poi, sentì un tocco.

Una zampa calda e pelosa si posò sulla sua mano intirizzita.

Davanti a lui c’era un cane — enorme, irsuto, con occhi buoni, quasi umani. Lo guardò intensamente, poi gli sfiorò il palmo con il muso umido, come per dirgli: “Non sei solo”.

— Da dove spunti, amico? — sussurrò il vecchio, trattenendo le lacrime che gli salivano in gola.

Il cane scodinzolò e tirò leggermente il lembo del suo cappotto con i denti.

— Che cosa vuoi fare? — chiese Antonio, ma nella sua voce non c’era più la stessa disperazione.

Il cane insistette, e il vecchio, con un sospiro pesante, decise di seguirlo. Cosa aveva da perdere?

Camminarono per qualche strada innevata, finché una porta si aprì davanti a loro. Sulla soglia c’era una donna avvolta in uno scaldino.

— Barone! Dove hai vagabondato, monello?! — esclamò, ma poi, vedendo il vecchio tremante, si fermò. — Santo cielo… Sta male?

Antonio voleva dire che se la sarebbe cavata, ma dalla gola gli uscì solo un gemito rauco.

— Ma sta congelando! Entri subito! — lo afferrò per il braccio e lo trascinò quasi con forza dentro casa.

Antonio si ritrovò in una stanza calda. Nell’aria si sentiva l’aroma di caffè appena fatto e di qualcosa di dolce — forse brioche alla cannella. Ci mise un attimo a capire dove fosse, ma il calore si diffuse nel suo corpo, scacciando il gelo e la paura.

— Buongiorno — disse una voce gentile.

Si girò. La donna che l’aveva salvato era sulla porta con un vassoio in mano.

— Mi chiamo Francesca — sorrise. — E lei?

— Antonio…

— Beh, Antonio — il suo sorriso si fece più largo — il mio Barone raramente porta qualcuno a casa. È stato fortunato.

Lui ricambiò con un debole sorriso.

— Non so come ringraziarla…

— Mi racconti come ha finito per strada con questo freddo — disse, posando il vassoio sul tavolo.

Antonio esitò. Ma negli occhi di Francesca c’era una tale sincerità che, all’improvviso, le raccontò tutto: della casa, di suo figlio, di come era stato tradito da quelli per cui aveva vissuto.

Quando ebbe finito, nella stanza scese un silenzio pesante.

— Resti con me — disse improvvisamente Francesca.

Antonio la fissò, sconcertato.

— Cosa?

— Vivo sola, solo io e Barone. Mi manca qualcuno accanto, e a lei serve una casa.

— Io… non so cosa dire…

— Dica “sì” — sorrise di nuovo, e Barone, come per approvare, gli strofinò il muso sulla mano.

E in quel momento, Antonio capì: aveva trovato una nuova famiglia.

Qualche mese dopo, con l’aiuto di Francesca, portò la questione in tribunale. I documenti che Luca gli aveva fatto firmare furono annullati. La casa tornò sua.

Ma Antonio non ci tornò.

— Quel posto non è più mio — disse piano, guardando Francesca. — Che se lo tengano.

— Giusto — annuì lei. — Perché la tua casa è qui, ora.

Guardò Barone, la cucina accogliente, la donna che gli aveva donato calore e speranza. La vita non era finita — stava ricominciando, e per la prima volta dopo anni, Antonio sentì di poter essere di nuovo felice.

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Un padre anziano cacciato di casa trova un aiuto inaspettato mentre affronta il freddo.
Una vita tranquilla con mio figlio, ma ad un prezzo troppo alto