Oggi scrivo perché ho bisogno di mettere ordine nei miei pensieri. Mia madre è gravemente malata, eppure dentro di me non provo nulla. Se lo merita.
Nel nostro palazzo vive una signora anziana di nome Livia. È sempre stata una vicina gentile, pronta ad aiutare chiunque con parole e fatti. Quando mia madre si è ammalata, Livia è venuta spesso da noi per assisterla mentre io lavoravo o mi occupavo dei bambini. Si prendeva cura di lei, aiutava in casa, e grazie alla sua dedizione, mia madre ha iniziato a migliorare.
Poi, però, una svolta amara. Anche Livia si è ammalata gravemente, e la situazione è peggiorata così tanto che è finita in ospedale. Fino a quel momento ero convinta che fosse sola, senza figli né parenti. Invece ho scoperto che ha una grande famiglia: un figlio con un ruolo importante in un’azienda prestigiosa, una figlia imprenditrice di successo, diversi nipoti. Tutti benestanti, eppure in tutti questi anni non ho mai visto nessuno di loro farle visita.
Quando Livia è stata ricoverata, sua figlia è arrivata per portarle le cose necessarie. L’ho incontrata sul pianerottolo e ho cercato di offrirle il mio aiuto, di condividere la mia esperienza nel prendermi cura di una persona malata. Ma la sua risposta mi ha lasciato senza parole:
“Non è affar mio. Ho portato quello che il medico ha chiesto, nulla di più. Che ringrazi che sono persino venuta.”
Sono rimasta sconvolta da tanto gelo. Come si può trattare così la propria madre? Portare le cose e andarsene, senza un briciolo di compassione.
Ogni giorno, dopo il lavoro, visitavo Livia in ospedale, cercavo di sostenerla, le raccontavo le novità, provavo a tirarle su il morale. E poi tornavo a casa e non riuscivo a smettere di pensare a sua figlia, a quel distacco crudele.
Mia madre, quando ne ho parlato con lei, ha sospirato e ha detto:
“Non sai come erano i loro rapporti in famiglia. Forse non è un caso che i figli l’abbiano allontanata.”
“Ma è pur sempre sua madre, qualunque cosa sia successa.”
“Se tutti la pensassero come te, il mondo sarebbe migliore.”
Queste parole mi hanno fatto riflettere. È vero, non sempre conosciamo tutta la verità sulle famiglie degli altri, sui dolori e i rancori nascosti. Eppure, per quanto mi sforzi, non riesco a giustificare un tale disinteresse verso chi ti ha dato la vita.